Il gruppo dei pastori Fulani conosciuti come Peul, ha origini antichissime tant’è che ancora oggi si fanno solo delle supposizioni sulla loro esatta provenienza che pare risulti essere dell’alto Nilo (i tratti somatici e fisici sono propri del cippo etnico dei Nilotici). In diverse ondate migratorie, si sono insediati in vaste zone dell’Africa occidentale, ed oggi li possiamo trovare dal Senegal fino alle rive del lago Ciad. 

 

Convertitisi in gran parte all’islam hanno poi abbandonato la vita nomade per diventare allevatori ed agricoltori. Una piccola parte ha mantenuto intatte le antiche tradizioni scegliendo la vita nomade, muovendosi con le grandi mandrie di bovini dalle lunga corna, nelle assolate piane del Sahel alla perenne ricerca di acqua e verdi pascoli. Sono chiamati Bororo, un nome ispirato dal bestiame che vuol dire “quelli che non si lavano e vivono nella macchia”; invece loro con orgoglio si fanno chiamare Wodaabé, il popolo del tabù. Per i Bororo non c’è bisogno di gerarchie, schiavi e sultani come per i Tuaregh per i quali hanno una specie di repulsione atavica. Si muovono in piccoli gruppi familiari, niente accampamenti, tende o zeribe, solo qualche stuoia, il grande letto di legno che viene montato nel luogo dell’accampamento, e le calabasse delle donne (alcune con belle decorazioni) dono della madre per il matrimonio. 
 

uomo e donna Peul

Per i Bororo, il solo bene immaginabile è la mandria e per loro il massimo è poter camminare fieri davanti alle vacche, dando così un senso alla loro vita. Come per tutti i popoli pastori il rapporto con l’animale è indissolubile; ogni bambino riceve in dote fin dalla tenera età, un vitellino. Essi vivono delle loro mandrie, che usate come moneta di scambio assicurano di che vivere, e solo in occasioni di festa sacrificano una bestia per mangiarla. Un altro bene di cui vanno fieri (in questo sono un po’ narcisi!!) è la bellezza fisica. Gli uomini sono alti ed hanno un portamento elegante, e credono che la divinità abbia donato loro una grande bellezza. Corpo dritto e slanciato, grandi occhi, fronte alta e denti bianchissimi, sono questi i canoni di bellezza di un nomade Wodaabé. Anche le donne hanno dei lineamenti dolci ed ingentiliti da gioielli e monili che le rendono ancora più accattivanti; le cicatrici sul volto e ai lati della bocca segnano l’appartenenza ad un determinato clan e proteggono dagli spiriti malvagi. Per entrambi i sessi c’è molta libertà sessuale, e anche dopo il matrimonio possono avere rapporti con estranei purché di bell’aspetto. Nel corso dell’anno i nomadi si disperdono con le mandrie in vaste zone del Sahel, costretti ad una perenne migrazione tra uno stato e l’altro, dal Mali al Niger, alla Nigeria a causa della siccità che spesso decima i capi e li contrappone ai Tuaregh per il predominio alle poche pozze d’acqua.