La cultura dell’Algeria è legata alla sua storia, contrastata, diversa, viva e non si può ridurla al passato anche se prestigioso. Da questa frase del presidente della repubblica algerina Abdelaziz Bouteflika, abbiamo preso spunto per andare ad osservare da vicino il nuovo corso dell’Algeria, che oggi grazie ad una situazione politica più stabile e tranquilla, può far sperare in un risveglio non solo civile. Siamo nel cuore di Algeri, a due passi dalla casbah, il cuore pulsante della capitale. Un intrico di vicoli stretti tutti apparentemente uguali, un labirinto perfetto da cui non è affatto facile districarsi, a meno di non essere nati qui all’interno di El Djazair. Così anticamente era chiamata Algeri per identificare degli isolotti (oggi scomparsi) al largo dell’attuale zona portuale. Algeri la bianca, Algeri la dolce, così la chiamano i suoi abitanti…; basta guardarsi attorno, alzare lo sguardo e scoprire che la maggior parte dei palazzi sono intonacati di bianco. Un modo semplice ed austero che traspare anche nei comportamenti degli algerini. Il clima mite e temperato ci invita a passeggiare per la centralissima piazza dei Martiri, assediata dal traffico caotico in tutte le ore del giorno. Al centro la bella moschea Djama el Djedid, chiamata anche la moschea del mercato del pesce. Costruita nel 1660 ha un bel minareto su cui troneggia un grande orologio.


Costeggiamo "Rue de la marine", sulla destra le placide acque del Mediterraneo ed i pontili su cui sono ormeggiati i traghetti che settimanalmente sono diretti verso Marsiglia e Tolone. Di fronte, quasi soffocato dai moderni palazzi, l’affusolato minareto della moschea Djama el Kebir, la più antica della città. Al suo interno c’è un’importante scuola di teologia morale gestita dai sunniti. Ovunque i ragazzi giocano a calcio, basta uno spiazzo, un cortile, una piazza ed iniziano le sfide; riconosciamo alcune magliette di squadre italiane ( immancabili in tutto il mondo!! ) che ai più piccoli pare diano maggior vigore. Arriviamo nella piazza dedicata all’emiro Abd el Kader, ribelle e combattente per l’indipendenza dalla Francia, ricordato con una bella statua equestre; all’angolo il Milk bar tristemente famoso per una serie di attentati da parte dei terroristi islamici. La luce del sole al tramonto viene filtrata da un lieve strato di nubi che tinge di ocra i muri dei palazzi sulle colline circostanti, anche l’imponente monumento ai martiri della liberazione, subisce il fascino naturale del gioco di colori e luci. Dal piazzale del Memoriale del Martire, si ha una bella vista sulla capitale, il lungomare e di fronte, il palmeto del giardino botanico. Ci soffermiamo per un istante e pensiamo che tre colori definiscono così bene questa città. Algeri in fondo non sarebbe così bianca senza il blu del mare e il verde dei giardini. I romani sapevano cogliere appieno le qualità della vita, sapevano distinguere i posti migliori dove erigere le città. Come non rimanere a bocca aperta a Tipaza, colonia fenicia passata in seguito ai romani ( dista 70 km a ovest di Algeri ), archi, colonne e capitelli si mescolano ai pini marittimi e la blu del Mediterraneo; l’antica Thamugadi, l’odierna Timgad, ai piedi dei monti Aures ci colpisce per la sua vastità ed i reperti meglio conservati. Fu fondata dall’imperatore Traiano nel I secolo d.c.; nel museo sono conservate statue e i mosaici originali.

Algeri boulevard


Un geografo che era anche un poeta, ha paragonato il territorio algerino ad un’anfora la cui bocca si tuffa nel Mediterraneo e la base riposa sulla sabbia. Quale altro paese può offrire una simile diversità? Difficile dargli torto dopo essere arrivati ad appena un’ora di volo da Algeri e dalla costa del Mediterraneo nelle oasi del Souf, in pieno territorio sahariano. La sabbia del Grande erg orientale e le palme da dattero, un connubio qui forte più della vita stessa. Un corollario di oasi circondate dal dolce abbraccio dei palmeti: El Oued, Touggourt, Ouargla, Biskra. A Tamlat, un'interessante moschea rompe l’orizzonte cromatico del Souf. Costruita nel 13° sec. è un vero gioiello di architettura araba: all’interno del chiostro la fontana per le abluzioni è contornata da una serie di archi su cui svetta da un’altezza di 25 metri l’imponente minareto. Nella sala della preghiera i raggi del sole illuminano le maioliche di un verde turchese.
Alle porte del sud gli abitanti del M'Zab hanno inventato un'arte di vivere, di ogni città hanno fatto un paesaggio. Ai nostri occhi la pentapoli mozabita è un fascino tutto da scoprire: Ghardaia, Beni Isguen, Melika, El Atteuf e Bou Noura.